Se il basso è alto e la comunità fa cultura
La città contemporanea sembra avere nel suo DNA, quasi per ossimoro, la sottrazione dello spazio pubblico, dello spazio d’incontro, dello spazio di aggregazione. Non parliamo dell’aggregazione spettacolare che gode di format di successo, anche se in questi giorni la mente va tristemente alla Love Parade e alla tragedia di Duisburg. Ma parliamo dell’aggregazione spontanea, quotidiana, che dà un senso ed un’appartenenza alla nostra dimensione urbana, che ci arricchisce nel regalarci un confronto ed un dialogo con altre esperienze e visioni del mondo.? Il timore per la quiete dei residenti e per l’ordine pubblico, insieme alle spinte speculative, stringono in una morsa gli spazi urbani destinati alla creatività e all’aggregazione, spazi non necessariamente votati alla contestazione e alla rivoluzione, ma più semplicemente, e forse anche banalmente, allo stare bene insieme e al ritrovarsi in una comunità condivisa.? Così in un capoluogo di regione, commissariato e caratterizzato da una politica di promozione culturale falcidiata dai tagli, come la città di Bologna, che negli anni ‘80 e ‘90 godeva di tutt’altra fama, può diventare significativo l’esempio di una piccola enoteca, Altotasso (Piazza San Francesco, 6/d), che si è evoluta ed affermata come un centro di aggregazione culturale urbano.